mercoledì 4 settembre 2013

Fiato sul collo

  • La fatica del cambiamento è dovuta alla resistenza che opponiamo ad esso.

Il mio capo mi ha chiesto di dargli una mano per una gara importante. Devo tornare su cose lasciate lì da dieci anni e avventurarmi in ambiti nuovi. Non è che abbia una gran voglia, proprio no.
In generale mi sto iniziando a rompere di lavorare con 'ste pseudo tecnologie che spesso sono molto business e assai poca scienza&ingegneria.
Il tutto con il fiato sul collo.
Così è saltato il giro di tre giorni per bivacchi in una zona di selvaticità (wilderness) residuale in Trentino.
Io detesto lavorare sotto pressione del tempo e ora la pressione è molta. In questi giorni faccio casa - lavoro -  casa (a parte il tango di ieri sera a cui sono arrivato con poche energie). Una persona (molto) benestante, con cui ieri sono andato e tornato dalla milonga, parlava dei ritmi da lavoro sempre più pressanti, a volte quasi al limite dello schiavile, che stanno diffondendosi in Italia. Poi citava il caso tedesco di redditi assai più elevati e ritmi più blandi.
Casa lavoro casa? cinesizzarmi? vivere per lavorare? Non c'è solo la Cina, c'è anche la Germania. Nein, Danke!

3 commenti:

  1. E sfatiamo anche 'sto mito della Germania: http://phastidio.net/2013/09/04/modello-tedesco-in-crisi/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+phastidio%2Flhrg+%28Phastidio.net%29
    Alberto Bagnai lo scrive da anni che il sistema tedesco che tanto vogliamo copiare è stato creato grazie alla creazione di migliaia di micro-lavori (con micro-stipendi) che in pratica sono la legalizzazione del "nero".

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  2. minchia, mi tocca dare ragione al mio amico Nico! l'Italia è uno dei paesi in cui si lavora di più al mondo ! nel nord europa si lavora meno, non ti guardano di storto se te ne esci dopo 8 ore di lavoro (anche se hai un minimo di responsabilità). però Bagnai è un coglione patentato, arrogantello pure

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  3. x lizardking66:
    Leggo regolarmente le note argute di der Pilger che smontano (ed alimentano) il mito della Germania (ad esempio qui che cita la questione dei mini lavori).
    Certo è che quando si parla di "efficienza" e di "produttività" si cita sempre il lavoro (schiavile) dei paesi emergenti e quasi mai la Germania che, complessivamente, non è certo messa male come noi.
    Il problema della prosperità tedesca basata sull'export è uno degli aspetti di un paese pesantemente consumista/sovrapopolato rispetto alle risorse (biocapacità) locali. Il problema era già noto ai tempi del nazismo (uno dei motti di Adolf hitler era Exportieren oder Sterben! (Esportare o morire!).
    Aggiungo che pure io sono allergico al capitalismo (pseudo)liberista anglosassone che ovviamente rosica da sempre rispetto al successo di quello "renano" (è sufficiente osservare le loro società (USA, UK) e quelle gemranofone (A, D, CH in parte) per notare che quelli (Posen incluso) si stanno concentrando sulle pagliuzze tedesche trascurando le travi nei loro occhi.

    x Francesco:
    Io ritengo che ci siano dei momenti in cui è necessario farsi il mazzo. Ma le fasi eroiche devono essere, per definizione, limitate.
    Il primo problema è che il lavoro "orariamente" eccessivo provoca un decadimento della qualità dei risultati ottenuti, riduce al minimo creatività ed ingegno, frustra le persone, in alcuni casi le porta alla morte.
    C'è un culto patologico del lavoro, che ha varie letture (consumismo e liberismo a destra, progressismo tecnoteista a sinistra).
    Lavorare per vivere, non certo per il lavorare in sé, per l'accumulo di capitali o per il consumismo.

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Rumore, robaccia fuori posto, pettegolame, petulanze, fesserie continuate e ciarpame vario trollico saranno cancellati a seconda di come gira all'orsone.